venerdì 3 maggio 2013

Negli occhi di un bambino: La paura.


 

 
“La paura è attraente quando non sai riconoscerla”
Ma cos’è la paura?
Sul dizionario è descritta come un “forte timore provocato da cose reali o immaginate”. Nel romanzo di Fabio Geda, “Nel mare ci sono i coccodrilli” però emerge qualcosa di più. Il timore verso l’ignoto è predominante in un mondo incerto, dove il futuro è oscillante e confuso.  Non capita spesso di trovarsi abbandonati dalla propria madre all’età di dieci anni, dovendo imparare ad affrontare le avversità circostanti. Sembrerebbe un’esperienza fuori dal comune, eppure c’è chi, come Enaiattolah Akbari, ne porta ancora i segni sulla pelle. Chiudete gli occhi e immaginate di dover intraprendere un viaggio senza meta. Unico scopo: la sopravvivenza. Attraversare mari e montagne, fronteggiare ogni evenienza con il desiderio di stabilirsi e trovare un luogo d’appartenenza, un posto da chiamare casa.Un obiettivo che però non è scontato: bisogna affrontare ciò che ci spaventa, per poi poter essere felici. Sono molte le situazioni di preoccupazione che Enaiattolah ha dovuto vivere, come durante la traversata dalla Turchia alla Grecia in gommone. La presenza di eventuali coccodrilli spaventa molto il protagonista e i suoi compagni di viaggio ma ciò non li induce ad arrendersi, nonostante il terrore di affogare dopo aver visto un loro compagno morire, sia stato straziante. Enaiattolah ha incontrato numerose avversità durante i suoi viaggi. Un esempio di questo è quando Enaiattolah vede i suoi connazionali ibernarsi ed essere abbandonati mentre affrontano le catene montuose della Turchia, impotente di fronte alla loro sorte poiché concentrato sulla propria.La fobia del viaggio è accompagnata anche dalla paura nei confronti delle persone. Prima di tutto Enaiattolah non sa se si può fidare dei trafficanti di uomini, essendo persone sconosciute in cui non si può sempre riporre la propria fiducia. In secondo luogo è presente una certa diffidenza nei riguardi della polizia, essa causata da testimonianze e racconti su omicidi e maltrattamenti da loro commessi. Da questo possiamo trarre un importante insegnamento: se gli emigranti si fossero fatti prendere dall’ansia, probabilmente non avrebbero mai raggiunto la libertà. Una volta arrivato in Italia le agitazioni di Enaiattolah non svaniscono, ma si trasformano in qualcosa di più concreto, dovendo egli affrontare una vita più vicina alla nostra realtà senza ulteriori spostamenti. Dopo aver trovato il proprio luogo di appartenenza, bisogna stabilircisi, bisogna essere capaci di affrontare ciò che ci circonda abituandosi alla routine e ai modi di fare delle persone con le quali ci si deve confrontare. In queste circostanze nascono spontanee alcune domande riguardanti il proprio futuro, cosa si è destinati a fare, e la paura ritorna, carica di tutte le sue incertezze. L’unico modo per sconfiggerle è affidarsi a qualcuno che ti sappia guidare nel mondo in cui ti stai inoltrando. Fortunatamente, Enaiattolah conosce un uomo che viveva in Afghanistan e si è trasferito in Italia, pronto ad aiutarlo con tutte le sue risorse. Grazie a lui riesce a uscire dal suo mare di dubbi e trovare finalmente una famiglia che gli farà vivere l’adolescenza e gli starà accanto per sempre. Leggendo questa storia dalla trama così carica  di tensioni e paure, il momento emotivamente più forte è parso quello in cui il ragazzo scopre di essere stato abbandonato dalla propria madre e si trova a dover pensare autonomamente alla propria sopravvivenza. Una sfida immensa per un bambino di dieci anni che dimostra nonostante tutto di saper affrontare tutte le situazioni e le prove che la vita gli pone davanti, anche le più difficili e scomode. Sfogliando questo romanzo non ci ha colpito la vita difficile di Enaiatollah. Ci ha raggiunto la sua voglia di non arrendersi, di non accontentarsi, dettata dalla speranza e dalla disperazione di non poter tornare indietro. Quando non puoi dormire tranquillo, quando non puoi lavorare tranquillo,quando sai che verranno a cercare sempre te, il diverso, l'unica soluzione è partire. Nonostante tutto questo Enaiattolah è riuscito a scrivere il suo lieto fine tra pagine di dolore, sofferenza e agonia.  Il messaggio che ci arriva è forte quanto le sensazoni che il libro ci trasmette, dalla prima all’ultima riga. “Tutto alla fine si risolve per il meglio, se non è il meglio, non è la fine.”
 
Arianna C. Lara R. Federici S. 3^C

1 commento:

alessandro toxiri ha detto...

bellissimo brava