sabato 18 maggio 2013

TU VOLI E FIDO STA IN HOTEL


TU VOLI E FIDO STA IN HOTEL

di Virginia Esposito

 
 
 
 
 
 

 
 
Negli aeroporti Americani di Chicago e Dallas sono stati aperti degli hotel dove poter lasciare i propri cani mentre ci si gode la vacanza.

Il Paradise4paws è un hotel pensato apposta per i nostri amici a quattro zampe.

L’hotel è munito di piscina,spa, salone per massaggi, stanza dei giochi, salone di bellezza e assistenza medica.

Prima di fare il check-in il padrone porta il suo amico a quattro zampe e gli prenota una stanza, che può costare da 40 a  100 dollari, secondo le necessità. Esiste anche la suite presidenziale rinominata “Top dog suite” con balconcino privato a livello piscina e una telecamera per stare in contatto con il padrone 24 ore su 24. Nel frattempo, mentre i padroni si godono il mare, il loro amico a quattro zampe si gode lo schermo piatto che trasmette le immagini di animal channel o fa un bagno in piscina. Non è male lanciare questo tipo di economia perché spesso i padroni, si sa, amano i loro cani come se fossero loro figli.

Ogni padrone vuole che il cane sia a proprio agio e perché non farlo restare in hotel di lusso? “Per lo meno” dice l’ideatrice del progetto “ l’economia in America si sta risollevando e gli affari stanno andando meglio.

IL PAPA SEMPLICE


IL PAPA SEMPLICE

di Beatrice Parozzi
 

 

Il 13 Marzo 2013 è stato eletto, in seguito alla rinuncia di Benedetto XVI, il nuovo Papa, Jorge Mario Bergoglio. Si tratta del primo Papa gesuita nella storia della Chiesa e il primo Papa proveniente dalle Americhe.

Dai gesti dei primissimi giorni di pontificato ha fatto intravedere uno stile ben definito: semplice, umile e aperto al mondo come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

 “Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è quello di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo”. Questo è stato il primo saluto di Papa Francesco.

La scelta poi del nome Francesco (primo Papa che lo adotta nella storia della Chiesa), è sicuramente un omaggio alla povertà e alla semplicità che ritiene debbano tornare ad essere lo stile della Chiesa. Il nome di Francesco è anche un ricordo al santo di Assisi, ma anche di molti gesuiti famosi.

Si è presentato ai fedeli affacciandosi alla loggia in Piazza San Pietro, indossando una semplice veste bianca e una croce sul petto in ferro e non d’oro. Non ha nemmeno calzato le classiche scarpette rosse dei Pontefici ma un normale mocassino nero. Ha rinunciato alla mozzetta di velluto bordata di ermellino.

Non ha voluto nemmeno abitare negli appartamenti del Vaticano.

Le sorprese si sono assaporate nei giorni successivi.

La vettura a bordo della quale Papa Francesco ha viaggiato la mattina dopo la sua elezione non è stata del parco auto del Vaticano, ma una semplice vettura al posto di una limousine.

Ha pagato di persona il conto alla Casa del Clero dove ha abitato nei giorni prima del Conclave.

Ha deciso di comportarsi come prima che diventasse Papa, abituato a stare in mezzo alla gente; dice che l’umiltà aiuta ad avvicinarsi agli altri.

Ho assistito alla TV al suo primo Angelus, la piazza era gremita di fedeli e lui si è espresso dicendo “questa piazza grazie ai media ha le dimensioni del mondo”, “Il Signore non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”.

Il suo comportamento non vuole essere un modo per essere protagonista ma per rendere protagonista la gente.

Ha conquistato tutti, incluso noi giovani che abbiamo bisogno di sogni e di SPERANZA.

 

Vicino ai poveri, alla sofferenza, umile e semplice, Papa Francesco rivoluzionerà la Chiesa.

 

 

 

 

Scarabocchi!


GLI SCARABOCCHI
 
 

di Carlotta Roveri

Molta gente viene sgridata perché fa gli scarabocchi, questi schizzi sono visti come qualcosa senza valore, privo di significato; chi scarabocchia spesso è definito come qualcuno che non ha voglia di fare niente che perde tempo e basta. Forse non è chiaro che cosa disegniamo ma una cosa è certa, lo facciamo tutti. Perché scarabocchiamo? La risposta scientifica è perché ci piace, ci rilassa e ci libera la mente dai pensieri. C’è uno studio antropologico sullo sviluppo della vita dei bambini che dimostra che scarabocchiare è un’attività innata, disegnare è un istinto che esiste fin dalla preistoria, quindi perché sopprimerlo semplicemente perché i disegni ci sembrano inutili? C’è una ricerca sulla rivista Science la quale dimostra che chi scarabocchia durante una lezione impara più velocemente, perché lo scarabocchio aiuta a rimanere concentrati su un argomento e su ciò che si ascolta, impedendo di sognare ad occhi aperti, azione la quale ci impiega molte più energie, quindi grazie agli scarabocchi il nostro cervello non pensa né troppo né troppo poco. Ci sono altri studi che dimostrano che scarabocchiare aiuta meglio a memorizzare le informazioni. A volte dagli scarabocchi si può anche capire lo stato d’animo di una persona.

Vi propongo una delle interpretazioni di alcuni scarabocchi fra i più comuni.

 

Casa - in genere simboleggia bisogno di sicurezza e protezione. Importanti sono i particolari: per esempio, una casa con molte finestre può rappresentare una persona sociale e comunicativa; senza finestre o con le finestre chiuse sensazione d’isolamento o disagio in famiglia.

Croce - esprime spirito di sacrificio e negazione dei propri desideri.

Cuore - corrisponde a un animo pieno di sentimento che vorrebbe vivere romanticamente ogni situazione, ha bisogno di tenerezza e sogni ad occhi aperti. È uno scarabocchio che si fa soprattutto quando si è innamorati.

Figura umana - esprime il desiderio di trovare un ragazzo (se la figura è di sesso diverso). Se invece la figura è dello stesso sesso, esprime desiderio di migliorare la propria immagine.

 

Annerimenti degli occhielli – mostra in genere ansietà.

Grate, reticolati - rivelano una persona che classifica ogni cosa, come se  volesse intrappolare la realtà per renderla inoffensiva.

Fiore - scopre un animo gentile, delicato, femminile, il fiore indica una persona sensibile, disponibile e aperta al rapporto con gli altri.

Nave, aereo, treno, mezzi di trasporto in genere - indicano desiderio di viaggiare, voglia di vacanza e di cambiamento.


Stelle, luna, e altri pianeti - dimostrano ottimismo, ambizione.

Sole – indica una persona che si adatta facilmente, sensibile e mostra un animo ricco d’azione. Ma esprime anche bisogno di calore, di affetto e di riconoscimento.

Linee curve - sono associate a morbidezza, tenerezza e capacità di adattamento.

Linee angolose - indicano tensione e aggressività.

Linee tratteggiate e indecise- indicano insicurezza, indecisione, ansietà.

Triangolo, quadrato o figure geometriche in genere - l'utilizzo di forme geometriche sarebbe solidità interiore ma poca fantasia.
Indicano il bisogno di porre ordine, di avere una confusione in testa e mettere in ordine idee e pensieri.


Figure tridimensionali quali cubi o altri solidi -  animo che vuole affrontare le difficoltà senza farsi influenzare da emozioni o sentimenti.
Chi fa questi disegni è solitamente una persona organizzata, pianificatrice e dimostra di saper affrontare la realtà.

Tracciato ornamentale o decorativo - indica una persona che dà importanza all’esteriorità, ma anche paura di non essere accettato.

 

Spirale - raffigura uno stato di stress, la necessità di staccare; e il bisogno di riflettere.

Matassa aggrovigliata - esprime un momento di stanchezza, di confusione e una persona che vive una situazione difficile e poco chiara da cui vuole uscire

 

Tema storico: Racconto di un lavoratore inglese del '700

Propongo la lettura di questo interessante tema storico svolto da un'alunna di 2^C
Prof. Valeria Mariotti

 RACCONTO DI UN LAVORATORE INLESE DEL ‘700
 
 
 

È passato ormai quasi 1 anno da quando io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in città. Durante questo anno a Londra la mia vita è stata totalmente stravolta.
Prima ero un artigiano, vivevo in campagna, avevo una bottega e sfamavo la mia famiglia grazie ai soldi che guadagnavo vendendo le mie scarpe.
Adesso niente è più come prima. Sono costretto a lavorare ore ed ore vicino ad enormi macchinari che producono la lana per poi tornare a casa con solo pochi spiccioli in tasca, necessaria a sfamare i miei ragazzi. Le condizioni di noi lavoratori in fabbrica sono pessime. Ci fanno mangiare solo 2 volte al giorno e se ci lamentiamo, ci bastonano. Ogni giorno vedo morire i miei compagni sotto il fumo delle macchine e spero solo di non essere il prossimo.
 
Proprio ieri il mio caro amico John ha perso una mano sotto la macchina e come lui molti altri. I proprietari delle fabbriche per arricchirsi fanno lavorare anche donne e bambini, li trattano come schiavi, li fanno faticare come cani e li pagano pochissimo. Alla fine del giorno di lavoro torniamo tutti a casa stremati, pieni di lividi, sporchi e a volte anche gravemente malati.
 
Questo è quello che siamo costretti a vivere ogni giorno, nient’altro che fatica, sofferenza e dolore. E purtroppo non sono solo i lavoratori dell’industria tessile a dover soffrire in questo modo , come noi tutti lavoratori in Inghilterra. Noi, che speravamo che trasferendoci in città avremmo potuto arricchirci e trovare lavoro, abbiamo solo trovato l’inferno. Per me andare a lavorare è come andare in guerra, non ho mai la certezza di ritornare a casa ed abbracciare mia moglie e miei figli.
Certo si può dire che questi cambiamenti hanno fatto si che la produzione della lana, come anche la produzione di ferro e di carbone incrementassero moltissimo, ma qui gli unici che ci hanno guadagnato sono stati i ricchi. Ormai quei tempi in cui ero felice con la mia famiglia in campagna e le fabbriche non avevano ancora rimpiazzato le piccole ma accoglienti botteghe, sono solo ricordi, splendidi ricordi.


domenica 12 maggio 2013

Un augurio a tutte le mamme


Con il mio amore nel cuore
“Non so dove andrai, cosa farai, chi amerai.
Ma io sarò lì, pronta ad approvarti.
Caro figlio, mi piaci, ti voglio bene, così come sei. Ma serbo nel cuore tutti i figli che sei stato negli anni. e mi piacciono e li amo tutti.
Io condivido le tue scelte e ti sono sempre vicina.
Hai portato con te il mio amore in luoghi che io non vedrò mai, in situazioni che non conoscerò mai.
Così l'amore vince il tempo.
Fai qualcosa anche per me. Qualcosa che io non sono stata capace di fare.
Scopri i luoghi che io non ho mai visto. Scopri ciò che è al di là della mia capacità di comprensione.
Speriamo figlio, che non ti serva un'uscita di emergenza. Ma, nel caso, ci saremo noi.
Naturalmente ricordo quando eri molto piccolo, ho immagazzinato tutte le cose che hai detto e fatto e le custodirò per sempre come un tesoro. Ti amavo tanto allora e tanto di amo adesso. E sempre ti amerò, per quanto lontano tu possa andare, per quanto tu possa sentirti giù e per quanto tu possa cambiare.
Per tutta la mia vita.”

Pam Brown

 


 

E’ proprio vero le mamme ci sono sempre, a volte mugugnano, a volte guardano i propri figli con aria di rimprovero o fanno capire loro con uno sguardo, che non approvano ciò che stanno facendo, ma poi……poi sanno ascoltare le ragioni dei figli, sanno capire che, anche se  le loro scelte non sempre sembrano sensate, non  interferiranno, perché ciò che preme di più ad una mamma è la felicità dei suoi figli ed è facile che, interessi, piaceri e scelte di vita non siano perfettamente sovrapponibili alle loro. Quindi in silenzio sanno fare un passo indietro, sanno guardare i figli spiccare il volo con un nodo in gola per la commozione. Sanno essere sempre presenti senza che loro presenza sia tangibile! Sì perché talvolta il desiderio di dire e fare è molto forte, ma sanno che bisogna essere sull’attenti solo nel momento in cui il loro intervento è richiesto. Se si potesse tornare indietro nel tempo forse qualche mamma cambierebbe alcune cose, modificherebbe alcuni atteggiamenti, direbbe parole diverse, userebbe toni differenti, ma se mai tutto ciò fosse possibile, probabilmente non basterebbe loro una vita e avrebbero bisogno di tornare indietro ancora e poi ancora, un viaggio nel tempo senza fine, un moto perpetuo, eterno, ma noi non abbiamo l’eternità.
E allora?
Allora restano come sono, con una sola certezza, la consapevolezza di amarli.
Amarli sempre.
Amarli per ciò che sono senza chiedere, senza volerli cambiare e rendere simili a un modello di figlio che ognuno di noi ha in mente.
Amarli quando  riempiono il cuore di gioia, ma anche quando  feriscono.
Amarli quando sono piccoli e hanno bisogno di essere accuditi, ma anche quando il loro desiderio di vita autonoma diventa così dirompente da far sembrare il “prima” privo di importanza e interesse.
Amarli quando tutto va bene e l’orgoglio ci fa gonfiare fino a farci scoppiare e amarli talmente tanto che quando i problemi rendono la loro vita complicata riusciamo a restare nell’ombra e freniamo il desiderio di dare buoni consigli, di indicare loro la via e nel silenzio, continuiamo a dare comprensione e sostegno.
Amarli quando prendono decisioni che ti aspetti, ma anche quando la fatica a riconoscere come sensate e avvedute le loro scelte, diventa così pesante, da portarci a voler urlare tutta la sofferenza e la disapprovazione che il nostro grido è in grado di esprimere e invece sussurriamo “ti voglio bene”.
Amarli durante le crisi che noi “adulti” riteniamo banali dimenticando troppo spesso le frustrazioni che ci hanno accompagnato alla loro età.
Amarli talmente tanto da riuscire ad essere sempre sinceri in modo sereno e non incombente
Amarli se ti riempiono di coccole e abbracci, ma amare anche la loro riservatezza e il loro pudore nell’esprimere i sentimenti.
Semplicemente amarli.
Una riflessione sull’amore di mamma, qualcuno si chiederà perché? Perché nel giorno della festa della mamma non propongo una riflessione sull’amore dei figli per le mamme?
La risposta è semplice: perché sono una mamma e come a tutte le mamme, anzi, come tutte le donne che hanno preso per mano i propri figli, o i figli di altri, o semplicemente un essere umano e con amore li hanno accompagnati per un breve o lungo o lunghissimo percorso, so che anche  in questo giorno dedicato a noi, ciò che è veramente vitale è la loro gioia, perché sempre, anche quando le difficoltà rendono complicata l’esistenza, ci basta pensare a loro per far sorridere il nostro cuore e farci ripartire, perché le mamme ripartono sempre, o almeno ci provano.
Un sorriso
Lucia Rusconi

mercoledì 8 maggio 2013

This April 2013, 3C composed and illustrated their first Art and Poetry book,
'My Voice is Art Art is my Voice'.
During their English lessons with Prof. Kohl and Prof. Crabb, the students composed poetry. These poems then went on to serve as inspiration for the students in their art classes, where they created illustrations for the book.
Here is a link, so that you can take a look at the book online : http://www.blurb.com/books/4290124-my-voice-is-art-art-is-my-voice
Each of the 3C students and their English and Art teachers have ordered a copy of the book, which is currently being published and shipped to Monza, along with an extra 15copies for any teachers, parents or friends of the school who might be interested in obtaining their very own edition of 'My Voice is Art Art is my Voice'.
Anyone who would like to buy one of these extra copies, please email Prof. Eimear Doherty <doherty.eimear@collegiovilloresi.it> or Prof. Amber Kohl <amber.kohl@collegiovilloresi.it> for more information.
Finally, Prof. Doherty, Prof. Kohl and Prof. Crabb would like to congratulate all of 3C on
the publication of this book.,
They all worked very hard together and dedicated a lot of their free time to ensure the
best results
were achieved.
Your hard work has made us very proud and we are all very excited to see the final
production!

Prof. Eimear Doherty.

venerdì 3 maggio 2013

Negli occhi di un bambino: La paura.


 

 
“La paura è attraente quando non sai riconoscerla”
Ma cos’è la paura?
Sul dizionario è descritta come un “forte timore provocato da cose reali o immaginate”. Nel romanzo di Fabio Geda, “Nel mare ci sono i coccodrilli” però emerge qualcosa di più. Il timore verso l’ignoto è predominante in un mondo incerto, dove il futuro è oscillante e confuso.  Non capita spesso di trovarsi abbandonati dalla propria madre all’età di dieci anni, dovendo imparare ad affrontare le avversità circostanti. Sembrerebbe un’esperienza fuori dal comune, eppure c’è chi, come Enaiattolah Akbari, ne porta ancora i segni sulla pelle. Chiudete gli occhi e immaginate di dover intraprendere un viaggio senza meta. Unico scopo: la sopravvivenza. Attraversare mari e montagne, fronteggiare ogni evenienza con il desiderio di stabilirsi e trovare un luogo d’appartenenza, un posto da chiamare casa.Un obiettivo che però non è scontato: bisogna affrontare ciò che ci spaventa, per poi poter essere felici. Sono molte le situazioni di preoccupazione che Enaiattolah ha dovuto vivere, come durante la traversata dalla Turchia alla Grecia in gommone. La presenza di eventuali coccodrilli spaventa molto il protagonista e i suoi compagni di viaggio ma ciò non li induce ad arrendersi, nonostante il terrore di affogare dopo aver visto un loro compagno morire, sia stato straziante. Enaiattolah ha incontrato numerose avversità durante i suoi viaggi. Un esempio di questo è quando Enaiattolah vede i suoi connazionali ibernarsi ed essere abbandonati mentre affrontano le catene montuose della Turchia, impotente di fronte alla loro sorte poiché concentrato sulla propria.La fobia del viaggio è accompagnata anche dalla paura nei confronti delle persone. Prima di tutto Enaiattolah non sa se si può fidare dei trafficanti di uomini, essendo persone sconosciute in cui non si può sempre riporre la propria fiducia. In secondo luogo è presente una certa diffidenza nei riguardi della polizia, essa causata da testimonianze e racconti su omicidi e maltrattamenti da loro commessi. Da questo possiamo trarre un importante insegnamento: se gli emigranti si fossero fatti prendere dall’ansia, probabilmente non avrebbero mai raggiunto la libertà. Una volta arrivato in Italia le agitazioni di Enaiattolah non svaniscono, ma si trasformano in qualcosa di più concreto, dovendo egli affrontare una vita più vicina alla nostra realtà senza ulteriori spostamenti. Dopo aver trovato il proprio luogo di appartenenza, bisogna stabilircisi, bisogna essere capaci di affrontare ciò che ci circonda abituandosi alla routine e ai modi di fare delle persone con le quali ci si deve confrontare. In queste circostanze nascono spontanee alcune domande riguardanti il proprio futuro, cosa si è destinati a fare, e la paura ritorna, carica di tutte le sue incertezze. L’unico modo per sconfiggerle è affidarsi a qualcuno che ti sappia guidare nel mondo in cui ti stai inoltrando. Fortunatamente, Enaiattolah conosce un uomo che viveva in Afghanistan e si è trasferito in Italia, pronto ad aiutarlo con tutte le sue risorse. Grazie a lui riesce a uscire dal suo mare di dubbi e trovare finalmente una famiglia che gli farà vivere l’adolescenza e gli starà accanto per sempre. Leggendo questa storia dalla trama così carica  di tensioni e paure, il momento emotivamente più forte è parso quello in cui il ragazzo scopre di essere stato abbandonato dalla propria madre e si trova a dover pensare autonomamente alla propria sopravvivenza. Una sfida immensa per un bambino di dieci anni che dimostra nonostante tutto di saper affrontare tutte le situazioni e le prove che la vita gli pone davanti, anche le più difficili e scomode. Sfogliando questo romanzo non ci ha colpito la vita difficile di Enaiatollah. Ci ha raggiunto la sua voglia di non arrendersi, di non accontentarsi, dettata dalla speranza e dalla disperazione di non poter tornare indietro. Quando non puoi dormire tranquillo, quando non puoi lavorare tranquillo,quando sai che verranno a cercare sempre te, il diverso, l'unica soluzione è partire. Nonostante tutto questo Enaiattolah è riuscito a scrivere il suo lieto fine tra pagine di dolore, sofferenza e agonia.  Il messaggio che ci arriva è forte quanto le sensazoni che il libro ci trasmette, dalla prima all’ultima riga. “Tutto alla fine si risolve per il meglio, se non è il meglio, non è la fine.”
 
Arianna C. Lara R. Federici S. 3^C