“La paura è attraente
quando non sai riconoscerla”
Ma cos’è la paura?
Sul dizionario è
descritta come un “forte timore provocato da cose reali o immaginate”. Nel romanzo di Fabio
Geda, “Nel mare ci sono i coccodrilli” però emerge qualcosa di più. Il timore
verso l’ignoto è predominante in un mondo incerto, dove il futuro è oscillante
e confuso. Non capita spesso di trovarsi abbandonati dalla propria
madre all’età di dieci anni, dovendo imparare ad affrontare le avversità
circostanti. Sembrerebbe un’esperienza fuori dal comune, eppure c’è chi, come
Enaiattolah Akbari, ne porta ancora i segni sulla pelle. Chiudete gli occhi e immaginate
di dover intraprendere un viaggio senza meta.
Unico scopo: la sopravvivenza. Attraversare mari e
montagne, fronteggiare ogni evenienza con il desiderio di stabilirsi e trovare
un luogo d’appartenenza, un posto da chiamare casa.Un obiettivo che però non è
scontato: bisogna affrontare ciò che ci spaventa, per poi poter essere felici. Sono
molte le situazioni di preoccupazione che Enaiattolah ha dovuto vivere, come durante la traversata dalla
Turchia alla Grecia in gommone. La presenza di eventuali coccodrilli spaventa
molto il protagonista e i suoi compagni di viaggio ma ciò non li induce ad
arrendersi, nonostante il terrore di affogare dopo aver visto un loro compagno
morire, sia stato straziante. Enaiattolah
ha incontrato numerose avversità durante i suoi viaggi. Un esempio di questo è quando
Enaiattolah vede i suoi connazionali ibernarsi ed essere abbandonati mentre
affrontano le catene montuose della Turchia, impotente di fronte alla loro
sorte poiché concentrato sulla propria.La fobia del viaggio è accompagnata
anche dalla paura nei confronti delle persone. Prima di tutto Enaiattolah non
sa se si può fidare dei trafficanti di uomini, essendo persone sconosciute in
cui non si può sempre riporre la propria fiducia. In secondo luogo è presente una
certa diffidenza nei riguardi della polizia, essa causata da testimonianze e
racconti su omicidi e maltrattamenti da loro commessi. Da questo possiamo
trarre un importante insegnamento: se gli emigranti si fossero fatti prendere
dall’ansia, probabilmente non avrebbero mai raggiunto la libertà. Una volta arrivato in
Italia le agitazioni di Enaiattolah non
svaniscono, ma si trasformano in qualcosa di più concreto, dovendo egli
affrontare una vita più vicina alla nostra realtà senza ulteriori
spostamenti. Dopo aver trovato il proprio luogo di appartenenza, bisogna
stabilircisi, bisogna essere capaci di affrontare ciò che ci circonda
abituandosi alla routine e ai modi di fare delle persone con le quali ci si
deve confrontare. In queste circostanze nascono spontanee alcune domande
riguardanti il proprio futuro, cosa si è destinati a fare, e la paura ritorna,
carica di tutte le sue incertezze. L’unico modo per sconfiggerle è affidarsi a
qualcuno che ti sappia guidare nel mondo in cui ti stai inoltrando.
Fortunatamente, Enaiattolah conosce un uomo che viveva in Afghanistan e si è
trasferito in Italia, pronto ad aiutarlo con tutte le sue risorse. Grazie a lui
riesce a uscire dal suo mare di dubbi e trovare finalmente una famiglia che gli
farà vivere l’adolescenza e gli starà accanto per sempre. Leggendo questa
storia dalla trama così carica di tensioni e paure, il momento
emotivamente più forte è parso quello in cui il ragazzo scopre di essere stato
abbandonato dalla propria madre e si trova a dover pensare autonomamente alla
propria sopravvivenza. Una sfida immensa per un bambino di dieci anni che dimostra
nonostante tutto di saper affrontare tutte le situazioni e le prove che la vita
gli pone davanti, anche le più difficili e scomode. Sfogliando
questo romanzo non ci ha colpito la vita difficile di Enaiatollah. Ci ha
raggiunto la sua voglia di non arrendersi, di non accontentarsi, dettata dalla
speranza e dalla disperazione di non poter tornare indietro. Quando non puoi
dormire tranquillo, quando non puoi lavorare tranquillo,quando sai che verranno
a cercare sempre te, il diverso, l'unica soluzione è partire. Nonostante tutto
questo Enaiattolah è riuscito a scrivere il suo lieto fine tra pagine di
dolore, sofferenza e agonia. Il
messaggio che ci arriva è forte quanto le sensazoni che il libro ci trasmette,
dalla prima all’ultima riga. “Tutto alla fine si risolve per il meglio, se non
è il meglio, non è la fine.”
Arianna C. Lara R. Federici S. 3^C
1 commento:
bellissimo brava
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