mercoledì 15 febbraio 2012

TECNOLOGIA, PREADOLESCENTI ED EDUCAZIONE





Il 7 febbraio è stata la ricorrenza del Safe Internet Day (SID) cioè la giornata europea della sicurezza in rete istituita dalla Commissione Europea, nell’ambito del programma Safer Internet, per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei nuovi media tra i più giovani.

Come Preside vorrei cogliere questa occasione per un fare una piccola escursione in quel mondo, popolato di preadolescenti, genitori e docenti nel quale vivo quotidianamente.
Parlare di tecnologia, di internet e cellulari, di social network e videogiochi crea reazioni profondamente diverse a seconda delle categorie cui mi capita di rivolgermi.
I preadolescenti ne discutono con naturalezza e vivo coinvolgimento, i docenti e gli educatori ne parlano per lo più se stimolati e comunque con una certa circospezione mentre i genitori o vi si riferiscono con la preoccupazione e l’ansia tipiche di un problema che li sta vessando o non ne parlano affatto.
Se di compiti, di valutazioni, di gite, di recuperi, di sanzioni disciplinari e di altre questioni similari sembra sempre che ci sia una sorta di tacita e condivisa competenza che permette ad ognuno, secondo la propria prospettiva e convinzione, di esprimere indicazioni, valutazioni, consigli, riflessioni e via dicendo, della tecnologia e del suo utilizzo ciò raramente accade. E’ come se in questo ambito della tecnologia e del suo uso non ci fosse un terreno comune di incontro sul quale confrontarsi spontaneamente, come se i linguaggi fossero a volte troppo diversi e i dislivelli e le prospettive degli attori in gioco troppo distanti.
Il risultato: una sorta di vuoto colmato solo sporadicamente in occasione di eventi drammatici (quelli riportati dai mezzi di informazione), un po’ meno drammatici (per esempio il ritiro di un cellulare da parte di un docente) e ordinari (l’ora di informatica, il prof che usa la LIM o una chiacchierata sporadica tra ragazzi e adulti).
La tecnologia in tutte le sue sfaccettature rimane quindi un tema confinato per lo più alle discussioni dei preadolescenti a meno che la cronaca scolastica o cittadina venga scossa da quegli eventi di cui si vorrebbe non sentire mai parlare come ad esempio atti di cyberbullismo, di stalking, di predazione sessuale, di pedopornografia, di violazione della privacy, di furto di identità e via dicendo. In questo caso anche gli animi e le menti degli adulti si attivano cercando conforto e confronto, spiegazioni, protezione, giustizia e così via.
Sembra prevalere la filosofia dell’emergenza nell’innescare il dibattito che una volta risoltosi torna però nell’oblio della quotidianità.
Ecco perché, forse mai come oggi, nei luoghi primari dell’educazione (famiglia e scuola) si dovrebbe cominciare a parlare di competenza digitale.
Le nuove generazioni vivono in un contesto sociale nel quale l’approccio alla tecnologia è un passo importante nel percorso di crescita e di affermazione della propria identità. Gestire le informazioni, esprimere la propria individualità, coltivare relazioni, cogliere opportunità, essere cittadini attivi e partecipi della propria società, mobilitare risorse interne ed esterne per affrontare situazioni problematiche e sconosciute: queste sono tutte espressioni del proprio essere che nel 2012 richiedono di essere gestite anche attraverso padronanza e uso consapevole, critico e sicuro della tecnologia. In una parola con competenza digitale.

Ebbene i ragazzi delle nuove generazioni sono stati spesso chiamati con molti nomi pensando alla loro familiarità con l’uso di questa e così sono diventati cyberkids, digital native, click generation e via discorrendo. Ma è proprio vero che i nostri ragazzi sono così a loro agio con la tecnologia? Riflettendo sul significato di competenza digitale, sono veramente così “competenti”?

A volte gli adulti suppongono che i nativi digitali fin dalla nascita siano esperti nell’uso della rete e della tecnologia come se fossero depositari di competenze e saperi in modo istintivo e che per questo motivo abbiano una marcia in più rispetto agli adulti (genitori, docenti, educatori).
L’uso della tecnologia e della rete di internet in particolare non è per nulla una cosa semplice e richiede competenze che non sono né scontate né innate.
Leggendo per esempio i dati annuali dell’indagine della SIP (Società Italiana Pediatri) sulle abitudini di vita dei preadolescenti ne esce un quadro ben diverso. E la stessa cosa nel civile Regno Unito lo testimoniano altrettante indagini di esperti e studiosi sulle stesse fasce di età (UK Children Go Online del 2003-2005, EU Kids Online del 2006-2009, Social networking Study del 2007).
Forse i nostri ragazzi avranno più facilità ad approcciarsi a schermi, tastiere, computer e cellulari ma non hanno certo innate competenza e saggezza.
Insomma senso critico, spirito strategico, capacità di autoregolazione, uso sicuro ed efficace, senso del limite e del rispetto, senso civico, autonomia e capacità di problem solving non necessariamente fanno parte della dotazione di un preadolescente (nativo digitale) solo per il fatto che è nato e cresciuto tra monitor e tastiere e per il fatto di averne fatto uso.
Infatti le statistiche ci dicono che a 12 anni il 10% dà appuntamento ad una persona conosciuta solo davanti al computer, che un preadolescente su tre invia o riceve messaggi a sfondo sessuale, che un sedicenne su sei invia scatti, video osé di se stesso.
E del fenomeno del cyberbullismo? Come purtroppo spesso accade non è certo il numero delle denunce realmente depositate presso gli uffici della polizia postale che può dare la stima del fenomeno. Chi opera in una scuola sa benissimo che il limbo della prepotenza (magari veicolata con le nuove tecnologie) è spesso molto frequentato, molto omertoso e molto silenzioso.
Purtroppo poi una pubblica informazione troppo spesso allarmistica e ansiogena non aiuta certo a migliorare le cose. E’ palese che la paura non sia mai la migliore consigliera e che nemmeno gli esperti chiamati in extremis o una tantum, seppur certamente preziosi, possano risolvere i nostri problemi. E’ comprensibile infatti a tutti come la “gestione dell’emergenza” forse può risolvere il problema immanente ma certamente non aiuta a prevenirne i futuri.

Per usare una metafora nessuno immaginerebbe mai di mettere un preadolescente alla guida di un autoveicolo nel traffico di una città senza che conosca il codice della strada. Eppure nessuno si pone il problema di mettere nelle mani di un preadolescente un cellulare o un pc e lasciarlo navigare nel traffico del cyberspazio.

O ancora così come esiste una corretta dieta alimentare e nessun genitore lascerebbe al proprio figlio l’estrema libertà di autoregolarsi scegliendo cibi e tempi, allo stesso modo dovrebbe esistere una dieta mediale e nessun genitore dovrebbe lasciare al proprio figlio la libertà di “cibarsi” di tecnologia senza regole.

Ma allora che fare con “questa” tecnologia?
Risposte certe e indiscutibili non ne ho ma credo di aver intravisto e sperimentato in questi anni di lavoro alcuni criteri guida probabilmente utili per genitori così come per docenti ed educatori in genere.
Innanzitutto grande attenzione alla prevenzione. Una prevenzione però che sia lenta e ricorrente, organica e competente ma soprattutto fortemente condivisa tra tutte le agenzie educative (scuola e famiglia in primis). E’ quale prevenzione potrebbe essere migliore di un percorso di costruzione della competenza digitale per questi ragazzi. Un percorso che si dovrebbe snocciolare, come un rosario, tra famiglia e scuola, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
In secondo luogo uno sguardo sereno e positivo. Allarmismo, paura e filosofia dell’emergenza raramente potranno aiutare a sedimentare nel modo giusto le buone abitudini. La tecnologia è uno strumento né buono, né cattivo: sta a noi imparare a usarlo nel modo giusto senza diventarne succubi, senza idolatrarlo o demonizzarlo.
Formazione permanente: abbiamo sempre da imparare, sempre da aggiornarci anche se ciò a volte ci può costare la fatica di doverci rimettere in gioco. Il mondo della tecnologia per molti è un mondo misterioso e poco comprensibile ma è anche il mondo nel quale vivono e vivranno le future generazioni. Come adulti non possiamo esimerci dal ruolo educativo che ci spetta.
E infine ricordarsi il valore e il significato dell’errore in ambito educativo, anche parlando in riferimento all’uso della tecnologia. Dagli errori si impara, e gli errori spesso non possono essere evitati perché nessuno potrà mai sostituirsi ad altri nel processo di scelta, nell’esercizio del libero arbitrio. Spesso noi adulti preferiremmo evitare che i nostri ragazzi vadano incontro a problemi, errori, noie e scocciature e semplicisticamente o egoisticamente pensiamo di scegliere la strada più veloce per gestire queste difficoltà (delegare, non vedere, scegliere al posto di altri). Gli errori non ci devono spaventare perché sono insostituibili momenti di crescita se gestiti con amorevolezza e autorevolezza.

Per chiudere vorrei usare la citazione di uno filosofo francese contemporaneo, Pierre Levy, che forse meglio di altri ci può aiutare a dipingere un affresco della società in cui i nostri ragazzi vivono e vivranno: “Ho un amico, Royan Scott, che dice: stiamo vivendo il secondo diluvio. Il primo diluvio è stato di acqua, il secondo è il diluvio dell'informazione. Dunque il problema è di sapere che cosa si deve salvare, che cosa si deve mettere nell'arca, come dovremo navigare. Il problema della navigazione nel cyber-spazio si presenta come navigazione dell'arca nel diluvio informazionale.”
La competenza digitale è l’unico modo per navigare sicuri nei nuovi oceani del terzo millennio.

Per approfondire una lettura consigliata:

EDUCARE AI TEMPI DI INTERNET - Autori Vari - Anno 2010 - Editore ELLEDICI

                                                                                                                                          Danilo Piazza

4 commenti:

un genitore ha detto...

Bellissimo articolo Preside, speriamo lo leggano tutti, genitori, insegnanti e ragazzi!!!
Grazie

Anonimo ha detto...

come al solito le sue parole sono una guida per tutti ragazzi e soprattutto genitori!una mamma affezionata al Collegio

Anonimo ha detto...

bellissimo articolo! Sono molto contenta della positività delle sue parole verso un mondo che non dev'essere considerato tabù ma bensì strumento di lavoro e di opportunità

Prof.Clementina ha detto...

Grazie mille Preside per quest'articolo illuminante e scritto col cuore. Distinti saluti