Prof.ssa Daniela Piazza
Tema
In una pagina di diario racconta dell'esperienza vissuta alla
mostra “Dialogo nel buio”. Quali emozioni e sentimenti ha suscitato in te
questo particolare itinerario alla scoperta di sensazioni che prescindevano
dall'uso della vista? Prova inoltre ad immaginare come ci si può sentire ad
essere privati di un organo di senso così importanti.
2/3/12
Caro diario,
Oggi vorrei raccontarti della mia esperienza alla mostra
“Dialogo nel buio”. Inizialmente non sapevo cosa aspettarmi. Non ero a
conoscenza di quale magnifica avventura avrei vissuto, o di quanta gioia avrei avuto,
anche al semplice tocco di un sassolino.
Scesi dal pullman e con la mia classe mi incamminai
infreddolita, verso quello che sarebbe stato un luogo di grandi scoperte, per
tutti noi. Come al solito, tutti si affrettarono a dividersi nei gruppi con chi
più desideravano. Infatti saremmo entrati a gruppi, in questo percorso cieco,
ma io sento che questa esperienza non è stata affatto di gruppo, bensì una mia
importantissima realizzazione individuale. Muniti di bastoni, io, Silvia,
Ginevra, Margherita ed Alessandra entrammo in questo lungo corridoio buio, e
sempre al buio, ci fu presentata la nostra guida: Ari. Di lei ho un ricordo
vivido, per i suoi movimenti aggraziati ma anche decisi e per la sua voce dolce
e premurosa.Ci spiegò che ci avrebbe portate in diversi ambienti. Il primo fu una foresta tropicale. Per me quella stanza fu una completa scoperta. Entrate fui travolta dal cinguettio di uccelli e da forti odori. Camminando, improvvisamente balzai in aria: qualcosa mi aveva toccato la faccia! Pungeva e mi fece prendere un grande spavento. Allungai una mano per “vedere” meglio che cos'era. Era un pino! Annusai l'albero. Aveva un forte odore. Sorrisi senza nemmeno accorgermene. Mi appoggiai all'albero e gli permisi di avvolgermi con i suoi rami. Ora non pungevano più, facevano solo solletico. Proseguendo incontrai diverse piante. I loro odori mi ricordavano le vacanze trascorse a sud con i nonni, del pomodoro e il rosmarino, gli odori predominanti.
Ora mi sentivo come una bambina in un negozio di caramelle. Ero spaesata, ma in modo positivo. Sorridevo, annusavo, toccavo. Ero felice come non mai. Poi, qualcosa mi riportò alla realtà. Ora c'era un odore di mare, si sentivano i gabbiani in distanza, con il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia a sovrastare il tutto. Venni condotta dalle dalle braccia forti di Ari su una piattaforma traballante. Poi, quando venni pregata di sedermi, capii. Ero su un motoscafo! Quando tutte le altre ragazze si furono sedute, Ari lo mise in funzione. Il vento mi accarezzava il viso e mi sentivo cullata. Improvvisamente ero consapevole del mio corpo. Fu allora che “vidi” il mare nel buio. Potevo vedere l'acqua scorrere su i fianchi del motoscafo come piccole cascate. Potevo vedere gli spruzzi d'acqua che si sollevavano. In bocca sentivo il sapore salato del mare. Questo sapore mi ricordava delle passate estati. Con il pensiero andavo indietro negli anni. Indietro, sempre più indietro. Con il motoscafo andavo avanti, sempre più avanti. Andai indietro fin quando potevo ricordare. Nella mia mente tutte le emozioni che avevo provato allora erano chiare come non mai. Non solo ricordavo, ma io “vedevo”. Vedevo davanti a me una bambina che costruiva castelli di sabbia e che rideva, perché era felice, come solo i bambini possono essere. Poi tutti si fermò e io smisi di “vedere”. Mi pianse il cuore, ma non potevo aspettare, dovevo andare avanti nel mio percorso.
La stanza successiva mi piacque particolarmente. Si sentiva il caminetto scoppiettare. C'erano gli odori tipici di casa mia. Mi sentivo a mio agio. Ari ci chiese di riconoscere gli oggetti. Ogni volta che ne riconoscevo uno, mi sentivo fiera di me stessa. Ero euforica: andavo avanti e indietro a toccare questo e quest'altro. In questo campo, Silvia era molto brava, anche se un po' troppo vivace per i gusti di Ari.
La stanza dopo rappresentava la città. C'erano porte, portoni, il rumore dei passi delle persone; le voci del mercatino, che vendeva frutta e verdura, dagli odori profumati. C'era tutto quello che c'è in in un tipico centro. Mi sentivo proprio una passante. La stanza dopo sperimentammo il bar. Dato che non avevo soldi, ma ero munita di un “Chupa Chupa”, lo tirai fuori e lo assaporai. Il gusto era fragola. Il suo sapore era intenso. La cosa che però mi rimase impressa di quella stanza fu la discussione con Ari. Da sempre lei aveva avuto una bassa percentuale di vista, ma da piccola poteva vedere colori, luce, buio. Crescendo perse totalmente la vista e si ritrovò in un buio totale.
Questa cosa mi rattristò non poco. Mi chiesi cosa avrei fatto in una situazione del genere. Mi venne un groppo alla gola. Per tutto questo tempo avevo apprezzato il buio, ma solo perché sapevo che era temporaneo. Io avevo ancora la mia vista. Ma cosa avrei provato a perderla? Frustrazione, tristezza, rabbia. Questo fu quello che mi venne in mente.
Non avevo mai pensato come sarebbe stato perdere per sempre la vista, ma quel giorno lo feci. Ora apprezzo di più quello che ho. Sono fortunata. Ma non tutti hanno la mia stessa fortuna, ed è per questo che ci dovremmo tutti aiutare. Ti lascio con queste riflessioni, diario mio.
Un abbraccio forte forte,
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